Vestiti invenduti a causa del Coronavirus: che fine fanno?
Che fine faranno i vestiti invenduti a causa della pandemia?
Durante l’emergenza sanitaria migliaia di attività sono andate in pausa.
Allo stesso modo, i consumatori hanno rinunciato a comprare i prodotti dell’ultimo momento.
Ora che tutto sembra riprendere i normali ritmi, quindi, sorge un problema: cosa ne sarà della merce rimasta nei magazzini.
Che fine faranno i vestiti invenduti a causa del Covid 19?
Il settore tra i più colpiti è stato quello della moda. Molti commercianti si sono trovati con spese da sostenere e merce invenduta, che sarà reimmessa sul mercato a prezzo ribassato (quindi rimettendoci) o smaltita in qualche modo.
Ma i vestiti che si trovavano tra gli scaffali di un negozio d’abbigliamento durante la quarantena, che fine faranno?
Vestiti invenduti: il ciclo di vita dei vestiti
L’avvento del Coronavirus ha stravolto un mercato assai fruttuoso, colpendo il semplice produttore, stilisti e commercianti.
Focalizzandoci però sull’impatto ambientale che ciò ha causato, sorgono delle questioni.
Analizziamo la situazione. Qual è il ciclo di vita di un capo d’abbigliamento una volta piazzato nel mercato?
Che fine faranno i vestiti invenduti?
Finita la stagione corrente, inizia il periodo di saldi, con dei ribassi sull’ultima collezione. Ciò che rimane invenduto, secondo le politiche vigenti tra negozio e azienda, può essere venduto agli stocchisti o rimandato al magazzino centrale della ditta produttrice. Alcune aziende decidono di smaltire il reso in due modalità: portandolo in discarica o nei famosi impianti con inceneritori.
Altre invece, dopo circa un anno dalla ricezione del reso, dai loro magazzini distribuiscono i capi agli outlet, che li rimettono in vendita ad un prezzo ribassato di partenza, e che nel tempo si abbasserà ulteriormente.
Ciò che rimane infine, dopo questo periodo, può essere trattato per divenire un altro prodotto. In ogni caso, prima o poi si ridurrà in rifiuti da smaltire.
I vestiti rimasti invenduti durante il coronavirus, non subiscono certo un trattamento diverso. La merce della stagione primaverile è ora in saldo. Rispetto agli anni passati però, la quantità di merce è decisamente maggiore. Se prima era, ad esempio, il 30% dei vestiti ad andare in saldo, ora supera il 60%. Quanti di questi verranno comprati e poi riciclati, e quanti invece, dispersi nell’ambiente?
Vestiti invenduti: il problema della fast fashion
Le generazioni del secolo corrente sono sia vittime che carnefici del fenomeno della fast fashion. Si tratta di quell’industria di abbigliamento caratterizzata da prezzi molto bassi e un continuo rinnovo delle collezioni.
I problemi sono due: il costante consumismo (con conseguente sovrapproduzione) e il materiale impiegato per la produzione, che inquina prima, durante e dopo.
La maggior parte delle fibre tessili utilizzate in questa industria si deteriorano facilmente per mantenere i costi di produzione bassi. Ciò causa due effetti:
- un maggior “bisogno” di comprare nuovi vestiti (perché di fatto durano poco);
- la tentazione di comprare con la scusa del “tanto costa poco”.
Riciclare vestiti: circular Economy o Green Economy
La Circular Economy (economia circolare) è un sistema che punta all’auto-rigenerazione per permettere un approccio sostenibile. Per adattarsi a questo modello, molti Paesi hanno promosso una serie di normative nazionali ed internazionali per quanto riguarda il settore della moda e lo smaltimento dei rifiuti.
Il problema? Farlo adeguatamente. Molti vestiti non vengono smistati correttamente, rendendone più dispendioso (in termini di denaro) il riutilizzo.
Inoltre, alcuni tessuti non possono essere riciclati a causa del livello di usura o dell’impatto dei processi di sanificazione che hanno subito.
Che si parli di cotone puro o poliestere, in ogni caso è possibile riciclare ogni tipo di tessuto. Pannolini, carta da disegno, plastiche, altri vestiti, pannelli isolanti, imbottiture, sono solo alcuni dei prodotti che spesso derivano da vestiti riciclati.
Tuttavia, considerando l’andamento globale, si calcola che solo una piccolissima percentuale di rifiuti tessili viene reimmesso nel mercato. L’85% invece, viene portato in discarica. In Italia abbiamo dimezzato la produzione di rifiuti rispetto al 2004, ma sono i dati complessivi europei, purtroppo, ad essere allarmanti.
Riciclo abiti: qual è il ruolo del consumatore?
Se abbiamo detto che uno dei problemi è quello della costante domanda da parte dei consumatori e l’eccessiva sovrapproduzione, è giusto quindi condannare il consumismo? Certo che no. L’industria della moda è stimata essere del valore di 2.300 miliardi di euro a livello mondiale. Un calo della domanda significherebbe calo di produzione. La diminuzione di opportunità lavorative comporterebbe un innalzamento del tasso di disoccupazione e crollo dell’economia.
Ciò a cui si deve far leva è il consumo intelligente, consapevole.
Sono le nostre abitudini che devono cambiare, dunque. Modificando la nostra domanda, anche la risposta -ovvero la produzione- cambierà.
Molte aziende della fast fashion si stanno adattando al modello della Green Economy, adottando sistemi innovativi per garantire in futuro una maggior sostenibilità.
Anche le nostre scelte hanno però un peso. Per questo esistono alcuni comportamenti da adottare per evitare il consumismo oltre misura e tutelarci di conseguenza.
Prima di acquistare, leggi le etichette, investi sulla qualità (e non sulla quantità) e informati sulle aziende.
Una volta che hai acquistato, se non utilizzi più un vestito (ma anche qualsiasi altro tessuto), puoi:
- decidere se trasformarlo in qualcos’altro
- scegliere tra donarlo, condividerlo o venderlo
Acquista anche abiti usati: se non sono in ottime condizioni, puoi sempre pensare di rinnovarli o ripararli.
D’altra parte, facciamo sempre più attenzione a ciò che mangiamo: perché non farlo anche con ciò che indossiamo?
Fai caso a ciò che compri e indossi? Faccelo sapere nei commenti o tramite i nostri profili social: vogliamo sentire la tua!
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[…] Vestiti invenduti a causa del Coronavirus: che fine fanno? Luglio 3, 2020 […]
[…] più vestiti = più rifiuti […]